Titololo originale: Il genitore del bambino principiante: una risorsa "quasi perfetta"
Autore: Luciani Mauro (Pedagogista - Università degli Studi di Perugia)
Tratto da: www.tennislab.it
Fra i vari argomenti di pedagogia sportiva che vengono generalmente affrontati, quello del ruolo e dell'influenza dei genitori degli allievi non è mai tenuto in sufficiente considerazione. Eppure il genitore interagisce anche profondamente con l'ambiente sportivo frequentato dal figlio e, in ultima analisi, può favorire o ostacolare significativamente il suo apprendimento o rendimento.
Immaginando la tipica situazione di un genitore che accompagna per la prima volta il figlio ad un corso di tennis, possiamo fare alcune considerazioni. La prima riguarda la motivazione: perché quel bambino inizia a praticare sport? perché proprio il tennis? perché proprio in quel circolo? E ancora: cosa si aspetta? E soprattutto: cosa si aspetta il genitore?
Il genitore, che lo voglia o no, fa sempre un investimento sul figlio in termini di emozioni e aspettative. La possibilità che l'avviamento del bambino al tennis sia soprattutto un'iniziativa del genitore piuttosto che del figlio, è molto forte. Non che questo sia deprecabile: tutt'altro. Bisogna però stare attenti a non trasformare un'iniziativa lecita e facente parte delle funzioni del genitore, in un atteggiamento coatto che non coinvolge per niente l'interesse del figlio. In altri termini, per una serie di circostanze è possibile che il bambino non abbia alcuna esperienza di tennis né giocato né guardato, per cui è il genitore appassionato che gli fa scoprire questo mondo; ma è fondamentale che la scoperta avvenga gradualmente, che si monitorizzi costantemente il reale interesse del bambino, che si intravedano in lui delle potenzialità future in questi termini. Le "vecchie" motivazioni, del tipo "è portato per questo sport", oppure "l'ho fatto io quindi mi aspetto che lo faccia anche mio figlio", o ancora "ho il circolo sotto casa", oggigiorno non reggono più. Che poi il tennis si sia ultimamente un po' "nascosto" e sia meno visibile di altri sport al grande pubblico, questo è un altro discorso.
Una volta inserito il bambino nel corso, il ruolo del genitore si fa meno evidente ma parimenti importante. Non sempre nel tennis è possibile seguire la lezione dei bambini, specie d'inverno e sotto i palloni. Né sarebbe auspicabile una presenza costante e asfissiante dell'adulto. Il bambino deve crescere nella nuova realtà e, per farlo, deve poter interagire liberamente con i compagni e il maestro. E' deleterio però anche l'atteggiamento opposto, quello della completa latitanza del genitore. Occorre pertanto un equilibrio che renda quest'ultimo presente ma con discrezione, interessato ma non asfissiante, informato ma non pressante nelle domande. Soprattutto, deve lasciar fare il proprio lavoro all'insegnante. Come nel calcio, anche nel tennis è facile avere a che fare con genitori fai-da-te che si credono assolutamente esperti di tecnica e metodologia tennistica.
C'è da dire che le possibili ingerenze del genitore non investono quasi mai il maestro in prima persona, ma si rivolgono al bambino, spesso preso da parte e consigliato su questo e quello. Talvolta questo "lavaggio del cervello" avviene lontano dai campi da tennis, magari a casa o sulla strada per il circolo.
Il ruolo del genitore del bambino principiante deve invece essere un altro. Oltre a quanto già accennato, egli può risultare una valida risorsa nei momenti di flessione di interesse del figlio, che vanno gestiti soprattutto al di fuori della lezione e rispetto ai quali l'insegnante non sempre può fare qualcosa. Anche in questo caso il genitore deve ricordarsi sempre di non scivolare mai in atteggiamenti di coazione o, peggio, di ricatto. Come tutte le crescite, anche questa avviene per "strappi" successivi e mai costantemente. Le flessioni sono fisiologiche e, per certi versi, salutari. In alcuni casi sfociano in abbandoni irrecuperabili, ma in molti altri sembrano fornire nuova vitalità che verrà spesa successivamente. E' un rischio che bisogna correre.
Se, come spesso avviene, il genitore è a sua volta giocatore, le sue possibilità di influenzare positivamente il figlio aumentano. Sempre che il suo atteggiamento resti equilibrato. Spendere per esempio qualche ora per giocare insieme, quale che sia la differenza tecnica fra i due, appare come un'occasione importantissima. Sempre ché non si voglia sottoporre il bambino ad un supplemento di lezione, ad un allenamento in più! Al contrario, la partitella fra genitore e figlio dovrà fornire l'occasione a entrambi di comunicare in modo diverso fra loro, di creare e alimentare una complicità, di ingrandire quel serbatoio di interessi in comune che avrà importanza per cose anche molto più grandi del tennis. In termini tecnici, il genitore deve in questa occasione realmente giocare col figlio, senza impartire alcun consiglio tecnico o tattico, senza mortificarlo in alcun modo e semmai sottolineando gli eventuali miglioramenti.
Un ultima notazione pedagogico-tecnica può riguardare i primi tornei, magari quelli di fine corso, del bambino. E' probabile che in questa occasione il genitore sia assiduamente presente. Magari non lo dà a vedere, ma è fortemente interessato al risultato del figlio. Bene, ricordarsi di agire sempre con equilibrio e positività. Non enfatizzare il risultato positivo, non condannare nemmeno quello negativo. Spesso si dice che l'importante è giocare bene, al meglio delle possibilità e che il risultato a questo livello non conta. E' vero, ma non del tutto. È importante aver espresso in torneo le proprie possibilità, ma non sempre questo riesce! Se il giocatore, che per di più è un bambino alle prime armi, gioca peggio di come potrebbe, è inutile fargli mille discorsi, sia di segno positivo che negativo. Indipendentemente da come il bambino stesso l'ha presa, il genitore deve cercare di distogliere rapidamente la sua attenzione dal fatto.
E' in questo senso che il genitore è una risorsa "quasi perfetta" per il figlio: come in tutte le altre occasioni educative, è facile sbagliare atteggiamento ma è possibile anche migliorarsi. Le variabili in gioco sono tanti e tali che quel "quasi" è d'obbligo. In fondo è questo il torneo che deve giocare il genitore: anche lui è chiamato a dare il meglio di sé.
1 commento:
Questo é un articolo interessante... Ottimo!
Il mio piccolo blog tratta argomenti simili... ciao
Figli e sport
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