Tratto da http://atpiombinese.myblog.it
Titolo originale: A PROPOSITO DI... EDUCAZIONE ALLO SPORT
AUTORE: Roberto Catalucci
Gli elementi fondamentali di cui i dirigenti sportivi , gli insegnanti e i genitori devono tener conto al fine di favorire una pratica sportiva educativa, si possono, sintetizzare nei seguenti: in primo luogo una società sportiva che sia fucina di valori importanti, che veicoli la trasmissione dei principi formativi dello sport. In secondo luogo che si disponga di insegnanti che abbiano chiara oltre che la visione sportiva della disciplina proposta, legata all’essere degli “esperti” della stessa, cioè soggetti che “sappiano”, che “sappiano fare” e che “sappiano far fare”, anche e soprattutto la “responsabilità” pedagogica, cioè l’essere empaticamente abili a dare risposte alle mutevoli richieste provenienti da un universo adolescenziale, caratterizzato sempre più da una variegata complessità. In fine, come ulteriore elemento, un’attività che si sviluppi con perseveranza seguendo un preciso progetto educativo:perseveranza significa anche condivisione costante, per quanto possibile, di un’unica figura didattica, in quanto indispensabile presenza durante tutto l’anno, sia in fase di addestramento che nell’ambito, sopratutto, dello svolgimento delle gare, se vuole essere il riferimento preciso e competente di cui i suoi allievi abbisognano. Questi non sono elementi che si percepiscono comunemente, ma sono caratteristiche di quegli ambiti nel quale operano professionisti attenti a dimensioni che oltrepassano il mero risultato, analizzando altresì la prestazione ad esso correlata. Lo sport, pensato per i bambini non deve esclusivamente e necessariamente addentrarsi nelle logiche del “campionismo”. Il dirigente e l’insegnante, altrimenti, si rendono complici nel rappresentare il primo anello della selezione sportiva, una realtà che sta pervadendo la cultura contemporanea afferente allo sport, e che rappresenta la causa principale della disaffezione per la pratica ludico-agonistica con conseguente abbandono precoce della stessa, depauperandola della indubbia valenza formativa e sociale.
Per conseguire tale finalità risulta importante non demonizzare la sconfitta, (enfatizzando solo la vittoria) sottolineandone altresì il suo valore e la sua utilità, perché essa può essere di aiuto al miglioramento del proprio gioco, può essere un elemento importante per la ricerca di soluzioni alternative, “soltanto conoscendo le cose che non vanno, riflettendoci e ponendovi rimedio si può crescere”. Gli insegnanti devono stimolare i loro allievi a profondere il massimo impegno nelle attività intraprese, devono educarli ad amare il gioco, la prestazione, prima che il risultato, solo chi antepone il piacere dell’azione sportiva ben congegnata, al di là del risultato momentaneamente non positivo, proseguirà in seguito la pratica sportiva. Il più delle volte abbandona precocemente, chi ha ottenuto buoni risultati in tenera età, ma non li ha saputi procrastinare negli anni della piena maturità sportiva, quando cioè non trova più una stretta correlazione tra lo sproporzionato impegno profuso, e la sopraggiunta carenza di risultati, inseguendo la logica del profitto immediato a scapito di una visione prospettica del problema legata ad un apprendimento olistico, ossequioso cioè del rispetto delle radici emotiva, coordinativa e tecnico-tattico-strategica relative ad una corretta proposta didattica. Se l’investimento sportivo verte esclusivamente sul conseguimento dei risultati, quando questi ultimi vengono meno, si perderà anche la spinta propulsiva a proseguire. Se, invece, si ama lo sport per quello che rappresenta, cioè la soddisfazione di praticarlo in modo sempre più consapevole, da leader di se stesso e non da follower, cioè in forma pro-attiva anziché reattiva, come esperienza di crescita da condividere con gli altri, più alte saranno le probabilità di una pratica duratura e di successo, perché si attiveranno gli imprescindibili cicli virtuosi dell’emozione: apprendimento-divertimento e pratica- successo.
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