La percentuale di tiebreak per set negli Slam dal 1980 al 2008 è il punto di partenza per spiegare come Karlovic possa perdere realizzando 55 aces e Federer vincere 15 Slam con una racchetta “datata”.
“A meno che voi non siate uno di quei rari mutanti virtuosi della forza bruta, troverete che il tennis agonistico, come il biliardo professionistico, richiede una mente geometrica, l’abilità di calcolare non soltanto le vostre angolazioni ma anche le angolazioni di risposta alle vostre angolazioni. Poiché la crescita delle possibilità di risposta è quadratica, siete costretti a pensare in anticipo a un numero n di colpi, dove n è una funzione iperbolica limitata dal seno della bravura dell’avversario e dal coseno del numero di colpi scambiati fino a quel momento (approssimativamente)”.
Qualora il pensiero sul campo sia meno analitico di quello di Foster Wallace, le difficoltà di risposta aumentano. E il servizio, come fondamentale ma soprattutto come colpo con cui iniziare e impostare il gioco, diventa più importante. Ma quanto importante? Per provare a dare una risposta e fornire una prima, indicativa, valutazione del peso del servizio nella determinazione del risultato degli incontri di tennis, abbiamo analizzato la percentuale di tiebreak giocati sul totale set nei tornei dello Slam dal 1980 ad oggi (dunque considerando anche gli Open d’Australia negli ultimi anni al Kooyoong Lawn Tennis Club, quando si giocava sull’erba e il torneo ancora non era entrato a far parte del quartetto degli eventi più prestigiosi della stagione). L’indice scelto ha il vantaggio di essere semplice e di immediata lettura e di fornire un’immagine chiara, senza per questo sacrificare troppo alla profondità euristica, per spiegare l’andamento del fenomeno analizzato.
La percentuale di tiebreak giocati è stata misurata, anno per anno, sul totale dei set effettivamente giocati, dunque senza calcolare quelli interrotti per ritiro; per uniformare i dati, considerato che a Melbourne, Parigi e Wimbledon non c’è tiebreak nel quinto set, sono stati conteggiati nel novero dei “tiebreak” anche i parziali decisivi di questi tre tornei che si sono conclusi a oltranza, perché comunque indice di un ancoraggio spinto del punteggio ai turni di battuta. I dati, che sono presentati qui di seguito, confermano che negli anni la preponderanza dei turni di servizio è cresciuta, e che dunque il colpo di apertura del gioco è diventato via via più importante, ma l’andamento contenuto del progresso dimostra come il tennis, contrariamente ad altri sport, come il nuoto o le discipline motoristiche, l’evoluzione dei mezzi non è così determinante. Nei prossimi paragrafi cercheremo di spiegare perché.
AO RG Wim UO
1980-84 18,2 10,5 18,2 12,9
1985-89 15,6 11,3 18,5 13,2
1990-94 12,5 11,7 17,9 15,1
1995-99 14,8 12,9 18,6 14,5
2000-04 15,3 13,1 20,0 16,8
2005-08 15,2 13,4 20,2 17,3
I dati dimostrano che, nei tre tornei che nel periodo considerato non hanno modificato superficie (Roland Garros, Wimbledon e Us Open), il servizio ha via via assunto un peso maggiore, senza però risultare mai davvero determinante. L’andamento differente registrato in Australia pare in larga parte dovuto al cambio di superficie: quando si giocava sull’erba, infatti, la percentuale di tiebreak risulta del tutto comparabile (anzi, identica per il primo lustro) a quella registrata nel corrispondente periodo al torneo di Wimbledon. Proviamo a questo punto a dare qualche possibile interpretazione dell’andamento registrato.
Lo sviluppo tecnologico
Una prima indicazione della rilevanza marginale del grado di modernità tecnologica della racchetta può arrivare da una semplice osservazione empirica: le vittorie e i record di Roger Federer e di Rafa Nadal sono arrivati con delle racchette datate, e questo dovrebbe già dire qualcosa. Ma passando a considerazioni più specifiche, possiamo innanzitutto segnalare come il servizio, su cui si concentra questo studio, è un colpo la cui efficacia è determinata per l’80% non dalle caratteristiche della racchetta ma dalla velocità di rotazione che il giocatore riesce ad esprimere, ovvero il cosiddetto “momento angolare”, che nel movimento del servizio è determinato dalla rotazione del tronco (massima nel punto di maggiore flessione del gomito) e dalla rotazione delle spalle, che sviluppano la forza di risposta dal terreno. Per quanto riguarda il servizio, i passaggi dai telai di legno a quelli di alluminio o fibra, l’evoluzione dalle corde in budello naturale al sintetico, per finire con i modelli dai piatti corde oversize allungati verso il cuore, non sembrano aver modificato in maniera sostanziale la velocità che si può sprigionare dal movimento. In un esperimento realizzato nel 1997 per Tennis.com, Mark Philippoussis servì con una racchetta di legno e con quella che utilizzava all’epoca nel circuito e riuscì a sprigionare due servizi di velocità del tutto comparabili.
Ma lo sviluppo delle racchette ha comportato una serie di modifiche al gioco che possono in gran parte spiegare l’andamento dei dati prima esposti e dare una versione più precisa del perché nel tennis moderno il servizio sia più rilevante che in passato. Quando si usavano le racchette di legno, o i primi modelli in alluminio, il peso dell’attrezzo si aggirava sui 450 grammi, mentre i modelli moderni pesano intorno ai 300 grammi. Come dimostrano studi effettuati sul baseball, che possono con qualche non sostanziale modifica concettuale essere applicati anche al tennis, l’alleggerimento della racchetta non costituisce un vantaggio in sé. Un racchetta più leggera può essere mossa, logicamente, ad una velocità maggiore rispetto ad un modello più pesante. Ma avere uno swing più veloce comporta un assottigliamento della soglia di rischio di errore e modifica l’effetto del colpo sulla pallina, sia in termini di velocità intrinseca che di rotazione su se stessa. Gli studi di Daniel A. Russell della Kettering University di Flint, USA, evidenziano un risultato che è in disaccordo con il senso comune. La massima velocità della palla dopo il colpo non si ha quando la velocità dello swing è elevato e la mazza leggera, e nemmeno quando l’attrezzo è pesantissimo perché la velocità del movimento si abbasserebbe drasticamente, ma c’è una finestra di rendimento dove l’aumento di peso abbassa leggermente la velocità dello swing facendo crescere la velocità della palla in uscita.
Lo swing estremo reso possibile dalle nuove racchette ha reso possibili velocità superiori ai 150 kmh nello scambio, con uno stress notevole sull’accordatura e sulle corde, che per questo hanno iniziato ad essere costruite sempre più in materiali sintetici. Ma anche chi ha continuato ad usare il budello anche tra la fine degli anni ‘90, come Kafelnikov o Pete Sampras, lo tirava anche sopra i 30 chili per aumentare la velocità sprigionabile anche a scapito del controllo (con qualche eccezione, come il nostro Davide Sanguinetti che tirava le corde poco sopra i 20 chili, scegliendo un’accordatura “vintage”, da racchetta di legno).
Il disegno delle racchette “oversize” ha richiesto agli atleti anche qualche piccolo aggiustamento nella biomeccanica dei colpi, servizio compreso. La potenza è infatti maggiore se la palla impatta più vicina al cuore piuttosto che nel baricentro del piatto corde. Il fenomeno si spiega perché, avendo la racchetta il manico saldamente bloccato dall’impugnatura, il telaio può flettersi e l’energia introdotta per la deformazione della racchetta non è restituita dalla palla. Quanto più vicino al cuore si colpisce la palla, tanto maggiore è la rigidezza effettiva del telaio e minore sarà l’energia persa nella deformazione della racchetta. Giocare con una racchetta oversize, con il fusto più corto e un ovale allungato verso il manico, creato un surplus di potenza prima indisponibile. E ha nel tempo modificato, e uniformato, lo stile di gioco.
Ancora Foster Wallace spiega che “le racchette più leggere con la testa più ampia e uno sweet spot più generoso consentono ai giocatori di colpire con più swing e mettere più topspin, e più topspin riesci a generare più forte puoi permetterti di colpire perché cresce il margine di errore”.
Stile di gioco
Nel tennis moderno è quasi sparito l’effetto liftato, utilizzato solo come colpo di difesa e reso sempre più rara una soluzione prima diffusa, il back d’attacco. Una racchetta più elastica, infatti, permette alla pallina di restare più tempo sul piatto corde e consente al giocatore di mantenere un controllo maggiore della direzione del colpo.
A questo va aggiunta la maggiore preparazione fisica dei tennisti e una standardizzazione delle caratteristiche di gioco che privilegia schemi di attacco dal fondo, come il serve and forehand. La maggiore massa muscolare consente di generare rotazioni di braccio notevolmente superiori a quelle possibili anche solo un decennio fa, fino al topspin estremo di Nadal che riesce a produrre rotazioni anche a sei mila giri al minuto. Così giocare di passante è diventato più facile, anche perché si può sfruttare meglio l’anticipo; in più l’utilizzo sempre più massiccio della presa bimane per giocare il rovescio permette di trovare angoli acuti, giocando il colpo in diagonale, impossibili da raggiungere con il rovescio a una mano.
Potremmo spiegare così perché il servizio, seppur diventato più importante nel corso degli anni, non è ancora assurto a colpo assolutamente determinante. Perché da un lato l’accresciuta potenza muscolare hanno consentito, insieme alle innovazioni nella progettazione delle racchette, velocità di servizio che in casi estremi superano i 200 kmh, ma dall’altro hanno reso più facile rispondere d’anticipo o prendere l’iniziativa anche giocando di risposta.
Un’ultima annotazione va fatta per quanto riguarda le superfici. Nonostante quanto detto prima, infatti, la terra battuta rimane la superficie meno preferita dai giocatori che basano molto sul servizio, perché sul rosso questo fondamentale rende meno che altrove, in quanto l’angolo di rimbalzo della palla è vicino ad un triangolo equilatero (dunque segue una direzione inclinata di circa 60 gradi rispetto al terreno). Il clamoroso caso di Karlovic-Hewitt al recente Roland Garros lo dimostra probabilmente meglio di qualunque considerazione statistica. Si conferma anche come il cemento sia una superficie più “equilibrata” dell’erba, che resta il territorio di caccia preferito per i “bombardieri”, perché qui l’angolo di rimbalzo è particolarmente basso. Nonostante il rallentamento della superficie, che Gianni Clerici da qualche anno definisce erba battuta, che ha portato all’estremo della finale del 2002 tra Hewitt e Nalbandian senza nemmeno un serve-and-volley in tutto il match, i livelli di dominanza del servizio nell’ultimo lustro è addirittura maggiore, seppur di poco, di quella che si registrava ai Championships negli anni di McEnroe e Borg.
Come dire, si è evoluta la forma ma la sostanza del Gioco dei Re rimasta la stessa.
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