mercoledì 9 dicembre 2009

TENNIS E GIOVANI: METODO SCHMIDT

Titolo originale: TEORIA DELLO SCHEMA DI SCHMIDT E TENNIS GIOVANILE
Tratto da: www.tennislab.it

Dall’ intervista a Claudio Robazza emergono importanti principi di riferimento metodologico-didattici per una corretta e funzionale strutturazione dell’attività giovanile nel tennis.

Le esperienze da atleta di alto livello (rugby), da insegnante di educazione fisica, da psicologo responsabile della preparazione mentale di atleti di vertice di numerose discipline (atletica leggera, karate, rugby, tiro a segno, tiro con l’arco, golf, pentathlon moderno), nella cui veste ha preso parte alle ultime due Olimpiadi, probabilmente hanno contribuito a dare a Claudio Robazza la capacità di riportare efficacemente e con naturalezza le acquisizioni teoriche e metodologiche maturate con la ricerca sul piano pratico e operativo.
Partendo da un evoluto e moderno modello dell’apprendimento motorio, la teoria dello schema di Richard Schmidt, proviamo a individuare dei principi metodologici funzionali alla corretta strutturazione dell’attività giovanile ed evoluzione dei giovani tennisti.

Tennislab: Vuoi illustrarci la teoria dello schema di Schmidt e quali indicazioni possiamo trarne riguardo l’ apprendimento motorio e la metodologia di insegnamento del tennis?
Robazza: La teoria dello schema di Schmidt è un approccio di tipo teorico al controllo e all’apprendimento motorio. Fondamentalmente si basa sulla concezione del programma motorio generalizzato che risolve alcuni problemi di memorizzazione delle informazioni.
Precedentemente a questa teoria si pensava che i movimenti fossero tutti controllati da programmi motori distinti. Ma in tal caso qualsiasi gesto diverrebbe troppo difficile e poco economico dal punto di vista del funzionamento dei meccanismi nervosi centrali e dei processi di memorizzazione, perché dovremmo memorizzare e recuperare una quantità enorme di informazioni per eseguire anche i più semplici movimenti.
Per risolvere il problema della quantità di informazioni da memorizzare è stato proposto da Richard Schmidt il concetto di programma motorio generalizzato per lo svolgimento di una classe di azioni simili.
Ad esempio, per camminare a velocità diverse recuperiamo dai nostri sistemi di memoria il programma motorio della locomozione che poi può essere “parametrizzato” per essere adattato alle diverse velocità esecutive: Il programma motorio della locomozione viene così modificato per rispondere ad una molteplicità di situazioni. Questo concettualmente è molto importante.
Un programma motorio ha caratteristiche che lo contraddistinguono, quindi la marcia differirà dalla corsa o dai balzi per i segmenti corporei coinvolti, per la sequenza delle contrazioni e decontrazioni muscolari, per il tempo esecutivo, per la scansione temporale dei movimenti. Qualsiasi movimento complesso o gesto tecnico automatizzato rappresenta una classe di azioni utilizzabili in varie circostanze.
I parametri di velocità, forza, direzione, ampiezza da applicare al programma, affinché sia adattato alle esigenze, sono definiti dallo “schema di richiamo”, anche questo contenuto in memoria. Pertanto, se devo spostarmi per una certa distanza per prendere un oggetto, seleziono dalla memoria a lungo termine il programma della locomozione e quindi lo adatto alla situazione, attraverso lo schema, per muovermi più o meno velocemente.
Applicando questi concetti all’apprendimento sportivo assume enorme importanza il principio della variabilità poiché dovendo adattare il programma ad una classe di azioni devo cercare di far sperimentare all’atleta parametri d’azione diversi per velocità, direzione, forza, ecc.
La variabilità nei parametri esecutivi del programma motorio è soprattutto importante negli sport di situazione, dove una qualsiasi azione è diversa dalle altre.
Nel tennis può fare in parte eccezione il servizio, dove il movimento tende a corrispondere ad un modello ideale prestabilito, ma nel momento dello scambio non esiste più un’azione esattamente uguale all’altra, poiché mutano velocità e ritmo esecutivo. Il programma che controlla l’esecuzione tecnica durante gli scambi deve essere adattato costantemente alla situazione. In allenamento, quindi, va ricercata un’ampia variabilità di esecuzione delle tecniche esecutive.
Inoltre, tanto più i soggetti sono giovani e tanto più bisogna variare, accanto ai parametri esecutivi, anche i programmi motori (le tecniche sportive) attraverso un’ampia gamma di esperienze per fornire una base ampia su cui fondare l’apprendimento tecnico specifico.
Dal punto di vista didattico, pertanto, con i giovani va ricercata un’ampia quantità di esperienze variate (modifiche di programmi e di parametri), mentre al progredire dell’esperienza e della specializzazione si dovrebbe insistere prevalentemente sulla variazione dei programmi specifici.

Tennislab: Quindi ritieni che l’insegnamento di uno sport complesso e altamente tecnico come il tennis debba necessariamente passare attraverso una alfabetizzazione della motricità e lasciare, inizialmente, quasi in secondo piano gli aspetti meramente tecnici della disciplina?
Robazza: Si. Con i giovani bisogna tenere in considerazione le fasi sensibili dello sviluppo, perché vi sono dei periodi durante i quali lo sviluppo di determinate capacità motorie ha il massimo di possibilità di successo.
La fascia sensibile di sviluppo delle capacità coordinative va dai 6 anni ai 10-11 anni circa. Questo non vuol dire che dopo non si possano più ottenere miglioramenti, però se lavoriamo bene in questo periodo d’età, facendo fare esperienze motorie variate, sollecitando tutte le capacità coordinative, aumenta la possibilità di conseguire risultati ottimali.
Il lavoro sulle capacità coordinative nei giovani tennisti va effettuato ad ampio raggio lavorando, in particolare, su quelle particolarmente richieste dalla disciplina quali la reazione motoria complessa, la trasformazione e l’adattamento dei movimenti, l’orientamento spazio temporale, la differenziazione cinestesica, l’equilibrio statico e dinamico, la combinazione motoria. Va anche considerata la rapidità, che pur essendo classificata da alcuni autori come capacità condizionale ha una fase sensibile di sviluppo che corrisponde a quella delle capacità coordinative. Nel lavoro coordinativo e tecnico, quindi, vanno effettuati movimenti con elevata rapidità esecutiva.
Accanto alle capacità coordinative vanno considerati gli aspetti cognitivi, considerata la loro importanza nel tennis. Peraltro, le capacità cognitive hanno una fase sensibile di sviluppo che tende a coincidere con quella delle capacità coordinative. Questo rivela la stretta connessione fra capacità coordinative e cognitive.
Per capacità cognitive si intendono i processi di elaborazione delle informazioni costituiti dalla presa delle informazioni, dall’orientamento dell’attenzione sulle informazioni rilevanti anche ampliando o restringendo il focus attentivo, dalla memorizzazione efficace delle informazioni e dal recupero delle informazioni memorizzate, dai processi decisionali di anticipazione dell’azione e di scelta e parametrizzazione del programma motorio corretto.
Tutti questi processi cognitivi vanno allenati con delle attività variate, facendo riferimento ai criteri che dicevamo prima. Le esercitazioni possono comprendere variazioni di spazi esecutivi, richieste motorie, velocità e tempi. Ad esempio, dopo una prima fase di acquisizione tecnica possono risultare efficaci movimenti a diversa velocità o sotto costrizione temporale.

Tennislab: Quindi la tecnica assume una importanza subordinata allo sviluppo dei prerequisiti motori. Condivido questo modo di vedere che contrariamente a quanto può sembrare valorizza l’apprendimento della tecnica specifica, facendone il fine della pratica tennistica e non solo il mezzo.
Ritengo che spesso si sia danneggiato il potenziale degli individui con una precoce specializzazione tecnica. Cosa pensi che si potrebbe fare riguardo alle competizioni giovanili?
Robazza: La specializzazione precoce è un problema che coinvolge gli allenatori, i tecnici, i genitori, i dirigenti e tutto l’ambiente sportivo.
E’ necessario far capire a queste persone, che rivestono ruoli importanti, che un lavoro tecnico ripetitivo e specializzante, pur consentendo di ottenere risultati precoci, è pericoloso e tende a compromettere l’evoluzione dei ragazzi.
Lavorando sulle abilità motorie coordinative, cognitive o mentali non si danneggia la tecnica, in realtà si creano i presupposti per potervi lavorare meglio, ma i risultati non è detto che debbano venire subito, perché avremo degli effetti motori e funzionali a lungo termine. Va anche considerato l’influsso deleterio che la monotonia di una specializzazione precoce determina sotto il profilo motivazionale. I danni psicologici derivanti dall’ipertecnicismo potrebbero essere irreparabili e condurre all’abbandono.
Pertanto è sicuramente preferibile un approccio che trascuri momentaneamente la specializzazione, per recuperare tutto ciò che è collegato agli aspetti motori coordinativi e cognitivi, posticipando il lavoro specialistico, consapevoli di poter ottenere in seguito risultati migliori.
Tennislab: A volte però risulta difficile prospettare risultati a lungo termine, perché maestri, genitori, dirigenti, li vorrebbero a breve, malgrado la statistica dei risultati in Italia confermi quanto stai dicendo, infatti i vincitori della Lambertenghi solitamente non hanno ottenuto risultati di prestigio in età adulta. Addirittura in Svezia, dove si formano giocatori oltre che forti anche precoci, non si disputano tornei nazionali under 12.
Sono convinto che il tuo discorso debba essere approfondito per portare delle innovazioni sostanziali nell’impostazione delle gare giovanili.

Robazza: Si, ma questo deve passare attraverso una revisione proprio delle richieste motorie o competitive che vengono fatte ai ragazzi.
Richiede un processo a lungo termine che si sviluppi nel corso del tempo e che cambi proprio la filosofia dei campionati giovanili.
Nel frattempo però i tecnici non devono rassegnarsi e scaricare le proprie responsabilità, ma seguire dei criteri e dei principi scientifici nell’attività con i ragazzi, fare loro richieste coerenti con le finalità a lungo termine e riporre aspettative commisurate all’età.
Questa mentalità va trasmessa anche a genitori e dirigenti che spesso vogliono i risultati subito.
I tecnici hanno il compito di divulgare questi principi con estrema chiarezza.
Tennislab: Secondo te verso che età il tennis dei bambini può cominciare ad avvicinarsi a quello degli adulti?
Robazza: Solo dopo un lavoro intensivo sulle capacità coordinative può iniziare la specializzazione sportiva.
Questo non vuol dire che i ragazzini non debbano fare tennis, è chiaro che devono farlo se vengono per giocare a tennis.
E’ il modo in cui l’attività sportiva viene proposta che deve essere rivisto. In qualsiasi sport, tennis compreso, vanno proposte delle esperienze motorie variate attraverso il gioco ed altre attività ludiche. Verso i 12-13 anni ci sarà una percentuale di esercizi specifici sempre maggiore, fino ad arrivare, in funzione dell’evoluzione del ragazzo e delle sue capacità, a una progressiva specializzazione. Introducendo la specializzazione a tempo debito i risultati migliorano e c’è una maggiore longevità nella carriera sportiva.

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