giovedì 28 maggio 2009

L'ERRORE

Tratto da www.palenitenniscoach.com
Autore: Giacomo Paleni (Coach Internazionale ed esperto in Psicologia dello Sport)

L'errore provoca in molti giocatori una caduta emotiva. L'errore puo' innescare risposte emotive (delusione, imbarazzo, rabbia, bassa intensita') cio' puo' provocare un gioco inconsistente e povero.
Per alcuni giocatori quasi ogni errore rappresenta una crisi emotiva. Ma la cosa interessante da notare e' che TUTTI governano gli errori alla stessa maniera quando stanno giocando bene, "semplicemente si girano e se ne vanno come se niente fosse successo". 
Idealmente la migliore risposta agli errori e' sentirsi sfidati. Un errore e' semplicemente un messaggio retroattivo al computer mentale che il tipo di risposta non era perfetta e che e' necessario qualche ritocco . Dobbiamo avere sempre in mente che quando commettiamo errori il nostro corpo sta sperimentando, senza errori il processo d'apprendimento motorio sarebbe bloccato permanentemente "nessun errore motorio nessun progresso motorio" ( teoria dello schema R.Smith 1975) Ma anche le emozioni negative bloccano i progressi e sono una risposta naturale agli errori. Quindi la soluzione? La soluzione è che i giocatori devono allenarsi emotivamente cosi che gli errori possono produrre le giuste risposte emotive.

Ad ogni allenamento stabilisci 10/15 minuti a parte per il training emotivo. Metti in pratica la seguente sequenza d'allenamento alla fine d'ogni punto giocato:
- Dopo un errore istantaneamente voltati ed allontanati.
- Togli la racchetta dalla mano dominante e tienila con l'altra mano con la testa della racchetta rivolta verso l'alto (immagine forte)
- TESTA ALTA, MENTO PARALLELO AL SUOLO, SPALLE INDIETRO, l'intento è di proiettare l'immagine piu'forte e sicura immediatamente dopo l'errore.
- Il tuo modo di camminare deve mostrare energia.
RICORDA: se l'errore portera' ad una risposta emozionale (rabbia, imprechi, lanci di racchetta) gli errori aumenteranno perche' l'espressione della rabbia si rinforza in se stessa .
Devi sempre agire come se l'errore non rappresenti un problema anzi devi pensare che il tuo corpo sta sperimentando nuove risposte motorie per evitarti nuovi errori

IL DOWN DA PARTITA

Tratto da www.palenitenniscoach.com
Autore: Giacomo Paleni (Coach Internazionale ed esperto in Psicologia dello Sport)
Titolo originale: "Fortissimi in allenamento, disastrosi in partita"

Quanti giocatori, intelligenti, di talento, ben impostati, con buoni genitori, che magari lavorano molto duramente, motivati, con buoni tecnici che li seguono eccezionali in allenamento, appena comincia la partita, appena iniziano le prime difficolta’ si sciolgono come neve al sole perche???

Appena cominciano i problemi il loro spirito combattivo diminuisce e viene rimpiazzato da un forte senso di impotenza. Vuole vincere, ma qualcosa nel suo backround indebolisce la sua convinzione di trovare delle risposte nel mezzo della battaglia sportiva, perche’ non ci crede??? Perche’ si sente impotente durante situazioni competitive avverse, mentre altri crescono nelle stesse situazioni????

Quando i giocatori vengono esposti ripetutamente a cio’ che loro percepiscono come un risultato incontrollabile , cominciano a prendere delle scuse, credono che quello che succede nel match sia al di fuori del loro controllo- era il vento- la sfortuna-l’arbitro-illuminazione scarsa- il campo-le palline ecc. ecc. e quasi sempre sentono di non avere l’abilita’ e la forza per modificare con successo la loro prestazione  in poche parole si sentono IMPOTENTI . 

L’antidoto sia per la prevenzione che per la correzione di questo erroneo responso emotivo e’ la  percezione del successo,  trovare il successo anche in una sconfitta aiuta a prevenire il senso dell’impotenza, percepire il successo significa anche essere sicuri di avere dato tutto, di aver tratto beneficio di quella partita anche se persa. 

Non puoi controllare direttamente il vincere ma puoi controllare : lo sforzo, il modo di pensare, il senso di combattivita’, l’impegno ad imparare, l’essere piu’ positivo o piu’ aggressivo. Proponendoti questo tipo di obiettivi, comincerai a sentire come ogni incontro che giochi puo’ fare la differenza. 

Alcuni suggerimenti per combattere l'impotenza:

1 Valuta fino a che punto l'impotenza sia per te un problema

2 Comincia a stabilire obiettivi di padronanza  sia in allenamento che in competizione

3 Metti al primo posto lo sforzo, l’atteggiamento e la strategia. Gli obiettivi di miglioramento e di apprendimento devono contare piu’ del vincere     

4 Ogni volta che la situazione sfugge al tuo controllo devi dire “stop” Fai un nuovo proposito di

    impegno allo sforzo ed all’atteggiamento positivo e misura il tuo successo in questi termini

5 Proponiti ogni giorno obiettivi di padronanza e tieni un accurato resoconto dei risultati  

AUTOSTIMA

Tratto da www.palenitenniscoach.com
Autore: Antonio Daino (psicologo)

L’autostima e’ il grado in cui il giocatore apprezza se stesso, il suo valore e la sua esperienza.

I tennisti che presentano un alto livello di autostima sono di solito quelli che amano lo sport , che accettano positivamente i suggerimenti che vengono loro rivolti dalle persone che li gestiscono come giocatori, sono sostanzialmente contenti del gioco da loro espresso ma aspirano ad un continuo e costante miglioramento della loro tecnica di gioco. Chi presenta un alto livello di autostima inoltre, e’ in genere stabile nella dimensione emotiva e con un buon livello di fiducia nelle sue possibilità di riuscire a vincere contro avversari alla sua portata.

Un ruolo significativamente importante sul livello di autostima e’ stato svolto dal primo maestro, se questo e’ riuscito a rinforzargli adeguatamente  i  comportamenti positivi quali:

l’impegno profuso nello svolgere un certo esercizio, il buon risultato conseguito seguendo una certa indicazione, l’applicazione ad un compito fino al raggiungimento della soluzione; allora sono state gettate le basi per la formazione di un buon livello di autostima del futuro giocatore.

Viceversa, se il rapporto tra maestro ed allievo e’ stato caratterizzato prevalentemente da critiche, giudizi negativi e segnali di disapprovazione per il lavoro svolto allora e’ piu’ probabile che l’allievo non sviluppi appieno un sufficiente livello di autostima per affrontare la competizione con qualche probabilita’ di successo.


L'INTENSITA'

Tratto da www.palenitenniscoach.com
Autore: Giacomo Paleni (Coach Internazionale ed esperto in Psicologia dello Sport)

Molte volte mi sono sentito chiedere da allievi, giocatori, allenatori maestri, che cos’e’ l’intensità nella prestazione sportiva.

A mio parere l’intensità e’ energia di attivazione, e’ uno stato ottimale di  prontezza  mentale  e fisica che ti mette in condizione di  vincere.

Il nostro metro di misura per l’intensità e’ indubbiamente il battito cardiaco, la frequenza cardiaca (il numero di battiti al minuto) e’ una finestra  sulla nostra fisiologia  e sulle nostre emozioni..

Gli studi e le ricerche effettuate in questo campo dimostrano che esiste una “zona di attivazione” e una stato ideale di performance che può essere misurata dalla frequenza cardiaca.. La variabilità dipende dalla persona e dallo sport, quando la frequenza cardiaca cade al di sotto o si innalza al di sopra dei limiti ideali la prestazione ne soffre .

 

ALCUNE CONSIDERAZIONI SCATURITE DA RICERCHE E STUDI EFFETTUATI

1)      Tutti i giocatori tendono ad avere un range ideale di intensità misurato dalla frequenza cardiaca. Il range ideale e’ individuale  e varia con l’età del soggetto e il livello di forma fisica.

2)      Per moltissimi giocatori i livelli di prestazione tendono a cadere quando la loro frequenza cardiaca cade al di sotto dei 120 battiti al minuto prima dell’inizio del punto.

3)      I livelli di prestazione tendono a cadere quando la frequenza cardiaca sale al di sopra dei 160 battiti al minuto

4)      Il nervosismo e la rabbia incrementano la frequenza cardiaca (a volte anche al di sopra dei 200 battiti)  con la conseguenza di una caduta di prestazione

5)      La caduta di frequenza cardiaca  e’ spesso associata alla vincita di un set o alla vincita di un game importante, con la conseguenza di un calo di prestazione nei punti successivi.

 

CONSIGLI PER AUMENTARE L’INTENSITA’ NEL TUO GIOCO

1)      Tenta di innescare nella tua mente emozioni forti, positive, visualizza cose che siano stimolanti ed eccitanti (ad esempio: io amo giocare i punti importanti).

2)      Stimola i tuoi piedi saltando su e giù prima che arrivi il servizio. Prolunga il punto mantenedo la palla in gioco, il che avrà l’effetto di aumentarti la frequenza cardiaca.

3)      Aumenta il ritmo respiratorio, pulisci i tuoi polmoni espirando aggressivamente come se volessi spegnere le candeline della torta di compleanno.

 

CONSIGLI PER DIMINUIRE L’INTENSITA’ SUL CAMPO

1)       Fai ogni cosa lentamente, prenditi tutti i 25 secondi a tua disposizione tra un punto e l’altro

2)       Rilassa i muscoli delle braccia e delle mani contraendo e quindi rilassando la tensione muscolare

3)       Prendi almeno un respiro profondo dal basso dello stomaco. Espira attraverso la bocca con un lungo e continuo flusso d’aria

 

RICORDA, QUANDO LE COSE DIVENTANO DIFFICILI, SORRIDI,  DIMINUISCE  L’INTENSITA’  

IL RILASSAMENTO MUSCOLARE

Tratto da www.palenitenniscoach.com
Autore: Giacomo Paleni (Coach Internazionale ed esperto in Psicologia dello Sport)

Imparare a mantenere rilassati e sciolti i muscoli durante le situazioni di pressione e’ fondamentale per ottenere la massima efficienza nella prestazione. I muscoli troppo tesi provocano una netta diminuzione di alcune capacità fisiche come la coordinazione, l’equilibrio, la velocità, la rapidità dello sguardo e la capacità di movimento.

Per rilassare i tuoi muscoli vi sono cose da fare fuori dal campo (tecniche di rilassamento che tratteremo in future lezioni) ed alcune cose da fare in campo. Praticare regolarmente alcune semplici sequenze può aiutarti a migliorare la tua abilità nel rilassarti tra un punto e l’altro:

 

1) Liberati della racchetta dalla mano dominante non appena finito il punto, porta la racchetta all’altra mano, con il piatto corde rivolto in altro; il sangue circolerà meglio nella mano dominante ed entrambe le mani rimarranno rilassate e sciolte.

 

2) Lascia sempre le braccia rilassate e sciolte lungo i fianchi mentre cammini tra un punto e l’altro. I top players lasciano cadere immediatamente le braccia sui fianchi quando il punto e’ finito, come se scaricassero la tensione verso il basso, fuori dal corpo sul terreno.

 

3) Contrai e rilassa alternativamente i tuoi muscoli, Tendi e poi scrolla via la tensione. Impara a riconoscere quando un gruppo muscolare comincia a diventare teso ed intraprendi un’azione specifica per ridurre la tensione prima del prossimo punto.

 

4) Evita di vagare con lo sguardo, ricorda che la tua mente tende a seguire i tuoi occhi. Tenere lo sguardo su un punto preciso (ad esempio le corde) ha un effetto calmante e rilassante su molti giocatori.

 

5) Prenditi più tempo, asciugati, allacciati le scarpe, ricorda che sotto pressione normalmente i giocatori tendono ad affrettarsi e quindi ad aumentare la tensione muscolare: e’ provato che quando giochi bene e sei rilassato tra un punto e l’altro passano normalmente circa 16/18 secondi, quando sei sotto pressione il tempo diminuisce a circa 10/12 secondi.


Ricordati che il rilassamento è una tecnica che si può imparare ed è un requisito necessario per il raggiungimento della massima prestazione.

LA RESPIRAZIONE

Tratto da www.palenitenniscoach.com
Autore: Giacomo Paleni (Coach Internazionale ed esperto in Psicologia dello Sport)

Respirare bene per avere il massimo rendimento 

Noi respiriamo diversamente quando siamo arrabbiati piuttosto che tristi, calmi piuttosto che tesi, quando ci stiamo divertendo piuttosto che quando siamo spaventati. La rabbia e la paura si evidenziano immediatamente nel cambiamento del pattern di respirazione.

Quando sei calmo e positivo, il tuo respiro sarà regolare, ritmato, facile e profondo. Quando hai paura il tuo respiro sarà poco profondo, irregolare, spasmodico, si evidenzia un aumento della tensione muscolare, aumento di vivacità, concentrazione rigida e pensiero confuso; in poche parole si evidenzia quello che gli americani chiamano “CHOCKING” (soffocante).  

Come si respira giocando a tennis

  1)   Espira attraverso la bocca al momento del contatto, lascia che il flusso dell’aria sia aggressivo e lungo; se lo farai correttamente produrrai un lungo aaahhhh quando colpisci. Ti suggerisco di pronunciare la parola y-e-s-s-s-s-s-s-s al momento esatto del contatto.

2)   Inspira dal naso ed espira con la bocca. Quando inspiri, solleva le spalle e quindi abbassale completamente quando espiri.

3)   Durante cambi, inspira lentamente attraverso il naso contando fino a quattro, trattieni per due secondi e quindi espira lentamente attraverso la bocca contando fino a quattro

Ricorda che una buona respirazione manterrà alta La tua concentrazione, rilassati i tuoi muscoli, tranquilla la tua mente e quindi ti aiuterà ad affrontare meglio qualsiasi situazione di gioco.

PAURA DI VINCERE

Altri sport insegnano...
Articolo tratto da www.valentinascimone.com

“(…)ho cercato una soluzione,un perchè, un motivo. La gente? 
Il pubblico?sentivo la gara?sapevo di valere un bel tempo in gara ed aveve paura di poterlo fare? 
paura di deludere dopo quegli allenamenti fantastici? 
paura di vincere? Eh si,avevo paura di vincere.(...)”

 

L’articolo che vorrei proporre a voi lettori oggi è stato ispirato da alcune bellissime lettere che ho ricevuto da due vostri colleghi, giovani atleti che con le loro parole mi hanno portato a riflettere e che ringrazio per avermi arricchito e ricordato quanto sia bello occuparsi di sport nonostante le molte difficoltà.

Per questione di privacy ovviamente i nomi e alcuni dettagli della vita privata rimarranno tali, ma il loro racconto mi permette di introdurre una tematica tanto interessante quanto complessa da trattare: la paura di vincere.

Elena e Michele (due nomi di fantasia) in modi diversi hanno sperimentato il timore di non saper più vincere. Entrambi hanno analizzato in modo molto consapevole e critico le loro situazioni ed hanno evidenziato alcuni fattori che potrebbero essere causa della paura di vincere.

Ma vediamo in breve cosa significa questo termine. Cosa si nasconde in questa sensazione che molti atleti provano? E’ quasi un paradosso: ci si allena per mesi con l’obiettivo di raggiungere la sognata vittoria e poi, in gara, subentra il terrore di arrivare fino in fondo. Molti atleti sperimentano la cosiddetta Nikefobia, appunto, paura della vittoria. E’ una dinamica che non si innesta solo nello sport, ma concerne tutti quegli ambiti (dalla scuola al mondo del lavoro) dove ci si impegna per il raggiungimento di un obiettivo.

Cosa accade quindi nella mente di un atleta con paura di vincere? Per prima cosa l’atleta ha paura di portare a termine una gara quando sente o pensa di poter vincere. In lui si innesca un timore nell’agire per paura di sbagliare o di essere giudicato da qualcuno. A livello psicosomatico si può riconoscere l’atleta che ha paura perché trattiene il fiato prima di una partenza o di una gara importante. Spesso l’atleta riesce bene in allenamento, ma fallisce in gara.

Sono state date  diverse interpretazioni alla sindrome nikefobica, dalla classica psicanalitica a quelle più generale di carattere psicologico. Secondo la classica concezione freudiana un bambino vissuto in una famiglia troppo protettiva, in cui gli venga impedita ogni espressione di se stesso, o di aggressività, si ritroverà da grande con la difficoltà di affermare il proprio carattere. Quindi, la vittoria, che nello sport agonistico, è la massima espressione di un’aggressività ben canalizzata, viene rifiutata.

Un’altra spiegazione può derivare dall’opinione che allenatori e staff tecnico hanno dell’atleta stesso. Se un atleta è considerato particolarmente forte, ma lui non si percepisce tale, può scattare la paura di fallire e allora si innesca un meccanismo di rinviare l’attesa vittoria per guadagnare tempo.

Ultima interpretazione è quella secondo cui dopo una grandiosa quanto inaspettata vittoria l’atleta teme di deludere il pubblico e si chiude in se stesso smettendo di mettersi alla prova.

Pubblico qui di seguito le testimonianze dei due atleti per comprendere meglio cosa può accadere nella mente di uno sportivo che non riesce più a vincere, ma, soprattutto, per dimostrare che niente è impossibile se si ha la volontà di superare gli ostacoli.

 

Michele è un giovane atleta che pratica il mezzofondo. I risultati sono stati discreti, ma l’ultimo anno lo ha passato a ritirarsi continuamente dalle gare.

Ecco quello che scrive:

“(…)ho passato un anno in cui mi ritiravo quasi ad ogni gara...

arrivavo circa a tre quarti di gara in cui un po’ la stanchezza e la paura di poter

finire,magari piazzandomi bene,convincevano la mia mente che non potevo più

continuare,che dovevo fermarmi;(…) A mente fredda,senza l'aiuto di nessuno,se non del mio allenatore che mi assicurava che

il mio era solo un problema mentale, avevo abituato la mente a ritirarmi ed a quel

punto di gara puntualmente suonava il campanello,le sirene di Ulisse che mi dicevano

di fermarmi;(…)”

 

Michele si pone un nuovo obiettivo: quello di passare da una specialità ad un’altra. L’atleta in questi casi può avvertirne il peso e non riuscire immediatamente ad adattarsi al cambiamento. Quando parlo di cambiamento intendo qualsiasi tipo di modifica che nella vita di un atleta possa essersi verificata: cambio di squadra, di società, trasferimento o, come nel nostro caso, passaggio da una disciplina ad un’altra.

Il caso di Elena è esemplificativo di come il cambiamento possa destabilizzare:

“(…)Le cose che possono avermi disturbato:

(…)d.. Cambio di società (all'inizio temuto, anche se la pressione me la sono

creata io!)

e.. c'è da dire anche che per svariate ragioni (cambio di società mio e

degli altri, ad esempio) i rapporti di amicizia che avevo con le persone con

cui mi allenavo precedentemente sono diventati più rarefatti, praticamente

nulli e in sostanza ora mi alleno quasi da sola.(…)”

Elena elenca una serie di ragioni che secondo lei possono aver influito sul suo calo di rendimento e di risultati ed ecco che evidenzia chiaramente come il cambio di società le abbia creato una certa pressione, anche se non direttamente (lei spiega infatti che l’ambiente è molto positivo), ma comunque in lei tutto ciò è stato fonte di stress. Inoltre tale modifica ha inciso anche sui suoi rapporti di amicizia tanto da costringerla ora ad allenarsi da sola.

Un altro interessante spunto di riflessione riguarda l’influenza che i genitori possono avere nella vita agonistica di un atleta.

Michele si sofferma in modo, secondo me, esemplare su un’analisi molto dettagliata della sua vita personale:

“(…)da piccolo non avevo nessuna responsabilità;

la mia opinione non contava,era sbagliata;

qualsiasi cosa facessi,non era giusta;

cosi per anni;

La mia mente inconsciamente si e'abituata ad appoggiarsi al parere altrui,senza avere

un suo pensiero perchè ritenuto sbagliato;(…).”

Si ritorna così alla vecchia interpretazione psicanalitica. E’ vero, Freud è stato sorpassato e criticato in molti modi, ma forse un fondo di verità nelle sue parole ancora rimane.

La stessa influenza, se pur in maniera differente, capita anche ad Elena quando scrive:

“(…)L'allenatore (aimè è mio padre: sappiamo entrambi che i genitori non

dovrebbero mai allenare i figli ma, non abbiamo mai avuto alternative

praticabili, comunque abbiamo cercato di scindere i due aspetti e, tutto

sommato con lui ci vado d'accordo e riusciamo abbastanza a dividere le due

figure)(…)”.

Spesso, anche inconsapevolmente, la paura di vincere nasce dal timore di agire per essere giudicati.  Non è raro che quando si innesca questo processo l’atleta perda il divertimento e il piacere del gesto atletico e i suoi allenamenti diventano pesanti e noiosi. La causa di tale comportamento è il più delle volte la presenza di un genitore come allenatore o all’interno della società.

 

Entrambi i ragazzi però ci insegnano anche ad avere la forza di andare avanti, di rialzarsi, di ritrovare il divertimento in quello che si fa.

Riporto, per terminare il mio articolo, le parole di questi due ragazzi che credo possano davvero dare a tutti la voglia di praticare lo sport che tanto si ama:

“(…)ho deciso che il passato era passato e che ormai grande e maturo da capire tutto questo,dovevo e potevo cambiare le cose,soprattutto visti i risultati;
bisognava riabituare la mente;
come prima era abituata a fermarsi ora dovevo abituarla(registrare un meccanismo nuovo a continuare e anche ad aumentare,a provare ad essere il più forte,ad impormi senza paura dell'altro;
al massimo non vincevo,ma...ci avevo provato e non avevo nulla da rimproverare a me stesso se il mio avversario era più forte di me;
cosi ora da 2 anni e mezzo a questa parte,non mi ritiro più;(…)”

“(…)A volte sbagliando ,a tentativi,un po’ come e'successo in atletica,in gara,ritirandomi;

Cercando pero di capire l'errore;cadendo e imperterrito rialzandomi e ricadendo,rialzandomi ancora...

Oggi non corro per dimostrare nulla a nessuno,tanto meno a mio padre,forse prima si,e forse anche per questo mi ritiravo;

oggi corro perchè amo questo sport,il piacere della fatica,del costruire costantemente qualcosa;i momenti magici che ti regalano ogni gara,ogni allenamento;(…)”

 

“(…)Al riguardo del voler fare tante cose: è nel mio carattere voler fare tante

cose, anche troppe, comunque mi rendo conto che la cosa che mi piace di più

è l'atletica (scuola guida permettendo).

Perciò ho tutte le intenzioni di continuare.C'è da dire che ha contribuito a questa decisione all'incirca un mese di

fermata: ora ho ripreso da un paio di settimane con più convinzione e,

scuola permettendo, con delle idee più chiare sulle mete da raggiungere.(…)”

mercoledì 27 maggio 2009

SFATATO IL MITO DEL TENNIS CHE FA MALE AI GIOVANISSIMI

Articolo tratto dal sito della Federazione Italiana Tennis (www.federtennis.it)
Titolo originale: "Il tennis fa bene ai bambini"
Autore: Roberto Commentucci


Quante volte abbiamo assistito a questa scena. Un bel bimbo di 5 anni, ben vispo, alla visita del pediatra; il papà che azzarda, timidamente: “dottoressa, ma secondo lei gli farebbe bene fare un pochino di tennis?” Occhiataccia della mamma, e la dottoressa che fa: “Mah, il tennis, meglio di no, è uno sport asimmetrico… Guardi, dia retta a me, lo iscriva a un bel corso di nuoto”.

E così, tra pediatri disinformati e mamme apprensive, il nostro movimento perde continuamente potenziali agonisti. E’ noto infatti che nel tennis moderno, come dimostrano le più recenti teorie dell’apprendimento e le storie individuali dei giocatori professionisti, l’età giusta per iniziare a giocare con qualche speranza di arrivare al professionismo si aggira fra i 4 e i 7 anni. Se si è un potenziale top 100, ma si comincia dopo perché “la mamma non si fida” e “Il dottore sconsiglia”, non si ha poi alcuna chance di recuperare il tempo perduto.

Purtroppo, il nostro Paese sconta un pregiudizio difficilissimo da sfatare, che limita enormemente, quasi inconsapevolmente, la crescita del nostro movimento. Perché la gente comune, ma anche il medico di base, non sa. Non sa che è stato inventato il mini tennis. Non sa che si gioca con mini racchette e palline depressurizzate. Non sa che si gioca su un campo di dimensioni opportunamente ridotte, “a misura di bambino”. Non sa, soprattutto, che il mini tennis, lungi dall’essere dannoso, è invece una disciplina che arreca grandi benefici allo sviluppo motorio dei bambini.

In primo luogo, migliora le capacità coordinative e l’equilibrio. In secondo luogo, rende i nostri figli più agili e reattivi. E poi, se l’approccio all’addestramento e all’agonismo viene correttamente gestito, migliora sensibilmente l’autostima dei nostri bambini, contribuendo a farne persone migliori. Infine, in un’epoca in cui tutti gli psicopedagoghi dell’età evolutiva lanciano l’allarme sui disturbi crescenti della capacità di attenzione, che affliggono sempre più bambini delle nostre scuole elementari, incapaci di restare concentrati su un argomento per più di qualche minuto, una disciplina come la nostra, che acuisce naturalmente la capacità di concentrazione, può rappresentare un autentico toccasana.

Purtroppo, queste cose non si sanno. E proprio per iniziare a farle conoscere, si è tenuto in data 6 maggio, nella sala conferenze del centro stampa dei Campionati Internazionali d’Italia, il convegno “Minitennis e salute dei bambini”, organizzato della FIT con il patrocinio dell’Istituto di Scienza e Medicina dello Sport del CONI e della Società Italiana di Pediatria.

Gli interventi, moderati dal dr. Gianni Daniele, sono stati tenuti da insigni esperti di medicina sportiva (Pierfrancesco Parra, Sergio Mignardi, Renato Manno), nonché da alcuni dei migliori tecnici federali (Michelangelo Delledera, Simone Sbardellati).

Nel corso dei lavori, è emerso con chiarezza che con l’adozione di un corretto sistema di addestramento e con l’utilizzo dei moderni materiali (mini racchette, palline depressurizzate), la pratica del tennis non presenta alcun rischio per la salute dei bambini di età scolare e che, anzi, questa disciplina ha grandi benefici per lo sviluppo psichico, motorio, coordinativo e sociale dei bimbi, già dai 4-5 anni di età. Inoltre la dr.ssa Marcolini, esperta di psicopedagogia dello sport, ha sottolineato come il tennis aiuti la capacità di concentrazione, e risulti quindi utilissima nella cura dei deficit di attenzione, attualmente una delle più diffuse patologie dei bambini. Il dr. Pietro Ferrara, Pediatra dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha constatato in chiusura una grande (e rassicurante) coerenza fra i concetti teorici espressi dagli accademici e i concreti contenuti didattici presentati dai tecnici federali.

In sostanza: il minitennis, così come viene insegnato oggi nei Circoli che aderiscono al programma federale Fit Ranking Program, è perfettamente rispondente, nelle metodologie di insegnamento utilizzate, alle linee di indirizzo che emergono dalla più avanzata ricerca scientifica in tema di medicina e psicopedagogia dello sport.
Dal convegno scaturirà una campagna di informazione atta a rimuovere nell’opinione pubblica il vecchio pregiudizio sulla presunta nocività del tennis per i bambini: saranno ricavati dagli atti congressuali dei depliant illustrativi che verranno distribuiti nelle scuole e, con la collaborazione della Società Italiana di Pediatria, nelle sale di attesa dei medici pediatri.

Il tutto, nella speranza che in un futuro non troppo lontano il nostro paese possa aggiudicarsi, oltre che tante medaglie olimpiche nel nuoto, anche qualche titolo del Grande Slam.

DIRITTO IN SLOW MOTION - VIDEO VARI

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LA RISPOSTA AL SERVIZIO - SLOW MOTION VARIE

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