martedì 2 giugno 2009

CONTROLLARE I MOVIMENTI DELL'AVVERSARIO

Tratto da www.jb-tennis.net

E’ un elemento fondamentale perché una delle regole elementari del gioco sta proprio nel rimandare la palla nella zona di campo lasciata scoperta dall'avversario. 
Per fare questo il tennista esperto con la sua visione periferica tiene sempre sotto 
controllo i movimenti del suo antagonista in modo da anticiparne la strategia e per scoprire in tempo quelli che possono essere i punti vulnerabili della sua posizione sul campo

braccio - racchetta sotto controllo

Durante lo scambio, il giocatore deve sempre rimanere concentrato sui movimenti di preparazione dei colpi da fondocampo e ad eventuali repentine variazioni di posizione del piatto corde nel momento che precede l'impatto, che possono nascondere insidiosi colpi a sorpresa come la palla corta. 
Il giocatore perfettamente concentrato che durante lo scambio presta attenzione anche agli atteggiamenti del suo avversario è in grado di intuirne le intenzioni e di anticipare lo scatto in avanti di quella frazione di secondo che gli consente di arrivare meglio sulla
palla e di trovarsi in una situazione di vantaggio per l'esito dello scambio. 

Le più grandi difficoltà nel mantenere alto il livello di concentrazione, comunque vanno ricercate nei tempi morti che caratterizzano il gioco del tennis. La maggior parte dei giocatori dilettanti e professionisti, infatti, presenta problemi di concentrazione nei 25 secondi che separano la fine di un punto dall'inizio del punto successivo. 

Le fonti di distrazione possono essere di natura 
esogena (esterna) quando sono riconducibili ai sensi della vista e dell'udito, endogena (interna) se fanno riferimento a concetti di tipo astratto e ad ogni attività dell’avversario. 
Alla prima categoria appartengono i rumori ed i movimenti degli spettatori a bordo
campo, i tentativi dell'avversario per spezzarci il ritmo (Nastase, Connors e McEnroe fanno scuola ... ), una cattiva chiamata dall'arbitro o del giudice di linea così via, fino ad arrivare a quell’aeroplano che, con tanto di striscione pubblicitario, durante la finale degli Internazionali d'Italia del 1988 mandò su tutte le furie Ivan Lendl per le decine di giri "innocenti" sopra l'anello del Foro Italico. 
Le cause di tipo endogeno, invece sono rappresentate da tutto ciò che la nostra mente è capace di inventare. In aggiunta a riflessioni di tipo negativo legate al gioco (negative self-talking) come il tormentarsi su un colpo sbagliato in modo incredibile, oppure su come potrebbe essere diversa la situazione di punteggio se avessimo sfruttato tutte le occasioni, la concentrazione del tennista è minacciata da pensieri che non hanno nessuna relazione con la partita. Cose accadute il giorno prima, i programmi per la serata, i problemi e gli ostacoli che si incontrano nella vita di tutti i giorni, spesso si insinuano nella mente del giocatore mettendo a dura prova la sua capacità di rimanere nel 
match al 100%. 

Per avere un'idea più chiara della concentrazione durante il 
match, cerchiamo ora di far tesoro delle parole di un grande ex-campione. 

Rod Laver (per due volte autore del Grande Slam): "Non ci sono segreti nel costruire la concentrazione di un giocatore. E’ un'abilità che va sviluppata allo stesso modo in cui si allenano le altre componenti che insieme compongono il gioco. L’errore di molti giocatori è che non allenano la concentrazione mentre allenano i loro colpi. Se la mente del tennista inizia a divagare durante le sedute di allenamento, state certi che lo stesso succederà durante la partita. Quando mi allenavo in Australia, non appena cominciavo ad avvertire un po' di stanchezza cercavo di incrementare la mia concentrazione. 
Al termine di ogni allenamento molto duro mi obbligavano a lavorare ancora 10-15 minuti per migliorare la concentrazione sotto uno stress di tipo fisico: ho sempre pensato di avere avuto più giovamento da quei minuti extra che dall'intera seduta di allenamento".

Nessun commento: