domenica 19 aprile 2009

ROVESCIO AD UNA MANO VS ROVESCIO A DUE MANI

Tratto da www.blogquotidiani.net di Ubaldo Scannagatta
Titolo originale: "Il rovescio del futuro. Scopriamo il tennis di domani."
Autore: Roberto Commentucci

Perché la percentuale di bimani tra i professionisti aumenta costantemente? E’ vero che il rovescio ad una mano è destinato a sparire? Davvero il rovescio ad una mano è sempre più spettacolare di quello bimane? E come sarà il rovescio del futuro? Scopriamolo in questa analisi.

La settimana appena trascorsa, con il ritorno alla vittoria di Amelie Mauresmo, profeta in patria nel torneo indoor di Parigi, e la scintillante apparizione del giovanissimo talento bulgaro Grigor Dimitrov nell’Atp di Rotterdam, ha rinfocolato il dibattito sulle prospettive estetiche del tennis e in particolare sul rovescio ad una mano, da sempre uno dei gesti più nobili e regali del nostro sport. La Mauresmo ha incantato il pubblico di casa e gli appassionati con il suo fantastico, bassissimo back, che ha fatto impazzire le avversarie, mentre il ragazzino bulgaro ha messo addirittura a disagio King Kong Nadal, visibilmente in imbarazzo sulle variazioni che il campione del mondo juniores 2008 eseguiva con il suo classico rovescio ad una mano.

I puristi e i nostalgici non hanno dubbi: i bimani, le nuove racchette e le superfici lente hanno ucciso il tennis, secondo costoro regredito da arte creativa ad esercizio di puro muscolo.è proprio questa intensità a conferire al gioco grande spettacolarità, mentre il tennis di una volta era una gran noia, con le vecchie racchette si tirava pianissimo, si commettevano un mucchio di errori banali, eccetera. Dall’altro lato gli innovatori, i pragmatici, ribattono che con le velocità di palla attuali è sempre più difficile sostenere gli scambi impugnando ad una sola mano, precisando che

Insomma, come ben sapeva Umberto Eco, l’umanità si può suddividere fra apocalittici e integrati.

I primi sono convinti che il rovescio ad una mano è destinato a sparire, e che il vero tennis sta morendo; i secondi ritengono che il nostro sport, come ogni campo di attività in cui è impegnata la nostra specie, si evolve continuamente e i suoi contenuti cambiano alla ricerca della migliore prestazione, avvicinando l’uomo ai suoi limiti e assicurando un continuo incremento dello spettacolo.

Ma come stanno veramente le cose?

Davvero il rovescio ad una mano è sempre più spettacolare di quello bimane? Perché la percentuale di bimani tra i professionisti aumenta costantemente? E’ vero che il rovescio ad una mano è destinato a sparire? E come sarà il rovescio del futuro?

In questo articolo cercheremo di rispondere a tutte queste domande.

Un po’ di storia.

Fino all’inizio degli anni ’70, i giocatori con impugnatura bimane sono stati un’eccezione, una goccia nel gran mare dei tennisti con impostazione classica. In Italia nel dopoguerra avevamo avuto Beppino Merlo, all’estero aveva furoreggiato il diritto bimane di Pancho Segura. Casi sporadici. Tuttavia, verso la metà di quel decennio, con l’adozione su vasta scala delle impugnature western e delle rotazioni in top spin esasperate, le cose iniziarono a cambiare. Bjorn Borg, Harold Solomon, Eddie Dibbs, utilizzavano l’impugnatura bimane per rendere più solido il loro gioco da fondo ed imprimere maggiore rotazione. Nello stesso tempo, Jimmy Connors mostrava al mondo i grandi vantaggi che una presa bimane poteva conferire in termini di anticipo, peso di palla, efficacia in risposta. Sommo sacrilegio, apparvero giocatori che addirittura impugnavano a due mani sia dal lato destro che da quello sinistro, come l’americano Gene Mayer e il cileno Gildmeister, che erano tennisti di grande talento, capaci di soluzioni altamente spettacolari, nonostante la definizione che ne ebbe a dare il grande Gianni Clerici: lo scriba, con una delle sue deliziose punte di snobismo, li chiamò quadrumani. Non lo meritavano.

Tra le donne, l’eponima della modernità fu Chris Evert: in un’epoca dominata da tenniste classiche, tutte rovescio in back e voleè affilate, come Margaret Court, Billie Jean King, Evonne Goolagong e poi Martina Navratilova, il suo gioco da fondocampo geometrico e incisivo, perfettamente piatto, asfissiante, poggiava soprattutto sullo strepitoso rovescio bimane.

I tecnici iniziarono a dividersi. A quelli che difendevano la tradizione, (ma come fanno a giocare bene al volo, o in recupero, questi bimani?) si affiancarono coloro che, albi d’oro alla mano, sottolineavano l’efficacia della nuova tecnica in termini di risultati. Dalla Svezia venne un gran numero di cloni del grande Orso (definizione certo riduttiva per un Mats Wilander, ma azzeccata per i vari Nystrom, Pernfors, Gunnarson, Jarryd, Gustaffson e via elencando, tutti rigorosamente bimani).

Tuttavia, la fortezza dell’ortodossia resse per tutti gli anni ‘80, quelli della rivoluzione dei materiali: in quel periodo, il maggior numero di settimane in vetta alla classifica lo passò Ivan Lendl, che con la sua feroce volontà e il suo polso di acciaio si era costruito un rovescio coperto ad una mano di rara efficacia. La velocità delle superfici dure e dell‘erba di quegli anni, inoltre, aiutava il gioco al volo ed incentivava la costruzione di tanti specialisti del serve & volley, ovviamente monomani: John McEnroe ne fu il più grande rappresentante, ma vanno citati anche Tim Mayotte, Bill Scanlon, Guy Forget, Johan Kriek, Pat Cash e tanti altri. E infine, ecco il nobile Stefan Edberg, apoteosi del rovescio classico, e l’audace Boris Becker, capace di alternare rovesci piatti e temibili back con gran disinvoltura. Fra le donne, il confronto più affascinante sembrava quello fra il tagliente slice di Steffi Graf e il clamoroso top spin di Gabriela Sabatini, regina de Roma, ma sulla scena si affacciavano già le bombardiere della nuova generazione, rigorosamente bimani: dalla Seles alla baby Capriati, vera erede della Evert.

Ancora qualche anno, e la scena cambia nuovamente. Irrompono sul circuito i Bollettieri-guys: Jim Courier, Aaron Krickstein, Andre Agassi. Il rovescio bimane (molto personale ma solido quello “baseball” di Courier, perfetto quello di Agassi) costituiva per questi due giocatori una terribile arma offensiva, di efficacia quasi pari a quella del “killer forehand” il diritto assassino, marchio di fabbrica della scuola di Bradenton. Ne nacquero i primi veri attaccanti da fondo campo. Giocatori che per fare il punto non avevano bisogno di scendere a rete, ma che grazie alla nuova tecnica di esecuzione e ai nuovi materiali erano in grado di tirare un vincente colpendo con i piedi sulla riga di fondo. Il tennis era cambiato per sempre.

Da lì in poi, fu un’alluvione. I bimani si moltiplicarono, ad ogni latitudine. Oltre alla scuola russa, che da sempre produceva soprattutto bimani, spesso di gran talento (da Volkov a Medvedev, da Kafelnikov a Safin), si allinearono al nuovo credo la scuola cecoslovacca e quella spagnola (un nome per tutti: Sergi “Massinissa” Bruguera). Gli ultimi a cedere sono stati gli argentini, fierissimi difensori del loro caratteristico, magnifico rovescio coperto ad una mano, ma poi anche loro hanno iniziato a sfornare i Coria e i Chela.

All‘inizio del nuovo millennio, nonostante l’ingombrante esempio di Pete Sampras e dei suoi 14 Slam, nelle scuole tennis di tutto il mondo il rovescio a due mani costituiva ormai la regola, e quello ad una mano una sublime eccezione. I frutti li vediamo oggi. Nell’ultima classifica Atp, i rovesci ad una mano nei primi 100 giocatori del mondo sono appena 26. Uno su quattro. Fra le donne, poi, non ne parliamo nemmeno.Vediamo ora perché.

La presa bimane nel tennis moderno. I molti pro e i pochi contro.

Nel tennis attuale, esiste una legge fondamentale: sii aggessivo, cerca l’anticipo, picchia per primo e fai di tutto per non perdere campo. Il giocatore costretto in difesa, a colpire 2 o 3 metri dietro la riga, ha statisticamente poche possibilità di vincere il punto.

In questo contesto, il rovescio bimane, con gli attuali materiali e al ritmo soffocante del gioco moderno, consente di tenere più facilmente lo scambio sulla diagonale, limitando gli errori nel palleggio ad alto ritmo, a patto di possedere buone qualità atletiche. Anche se si arriva in ritardo con l‘apertura, le possibilità di trovare un buon impatto sono molto superiori che non giocando un rovescio classico, perché è possibile colpire la palla con efficacia sia all’altezza ideale (quella dell’anca) sia quando rimbalzo è più alto. Pertanto, impugnando bimane è più facile colpire in anticipo, impattando la palla mentre sale. Ne risulta una maggiore capacità di giocare con i piedi vicini alla riga di fondo, evitando così di perdere campo. In aggiunta, la presa bimane consente di indirizzare più agevolmente in lungolinea palle anche pesanti, grazie all’aiuto della seconda mano, che rende la presa più salda, ampliando così le possibilità tattiche e riducendo i rischi.

Inoltre, proprio perché il primo che assume l’iniziativa ha le più alte probabilità di ottenere il punto, sono fondamentali i colpi di inizio gioco: il servizio e la risposta. Nel servizio, dal momento che le superfici sono state rallentate, non si cerca più solo la potenza pura. I coach cercano di dotare i giocatori di un servizio il più possibile vario, in termini di angoli e rotazioni, per destabilizzare il ribattitore. In questo processo, ha assunto importanza sempre maggiore la variante in kick (ad alto rimbalzo) che oggi non viene più utilizzata solo sulla terra rossa, ma anche, a sorpresa, sulle altre superfici, sia come soluzione offensiva (è una delle specialità ad esempio di Djokovic), sia per giocare una seconda palla profonda e sicura. Contro la rotazione kick, la presa bimane presenta grandi vantaggi rispetto alla presa tradizionale, perché permette di non perdere troppo campo e di aggredire la risposta. Questo avviene ormai sia sulla terra rossa, sia soprattutto sulle superfici rapide, dove l’impatto in avanzamento sulla seconda palla altrui è la norma, per sottrarre l’iniziativa all‘avversario. Sono pochissimi i giocatori in grado di aggredire un buon servizio kick impugnando ad una mano. A questi fondamentali vantaggi, connessi con il moderno modo di giocare, si sommano quelli tradizionali: maggiore saldezza della presa, maggiore capacità di trovare angoli stretti, specie nel passante.

Gli svantaggi principali, d’altro canto, sono quelli noti. Minore allungo, da cui deriva la necessità di avere grande mobilità per coprire adeguatamente il campo, minore sensibilità ed efficacia nella variante in back, nella voleè e nella palla corta. Ne consegue che, storicamente, i bimani hanno avuto un gioco più monocorde e fisico rispetto ai giocatori classici, sebbene non siano mancate le eccezioni.

Per le donne, l’adozione del rovescio bimane presenta il vantaggio di poter più agevolmente giocare in spinta offensiva da ambo i lati. Si tratta di una qualità fondamentale fra le ragazze, che non hanno la rapidità di gambe degli uomini e che quindi possono meno facilmente girare intorno al diritto. Ciò, oltre all’effetto emulazione portato dal power tennis delle Williams, spiega probabilmente la recente omologazione del tennis femminile.

Un altro interessante sviluppo della tecnica negli ultimi anni, sia fra gli uomini sia fra le donne, ha riguardato i mancini. Tradizionalmente, i mancini con rovescio classico hanno in questo fondamentale il loro tallone d’achille. Il mancino, in genere, ha un polso non particolarmente forte, e questo lo porta a giocare un buonissimo back naturale, ma ad avere grossi problemi nell’eseguire il colpo coperto. Per lunghi anni, molti mancini, grandi attaccanti, furono vulnerabili in difesa, sul loro rovescio, al punto che le eccezioni sono passate alla storia. Da Rod Laver (che Harry Hopman, suo mentore, da bambino costringeva a stringere per ore una palla da tennis nella mano, per rinforzarne il polso e l’avambraccio) a Manuel Orantes, da Petr Korda, ad Henry Leconte: notevolissimi esempi di mancini dotati di un rovescio ad una mano incisivo. Come vedete, si contano sulle dita di una mano.

Poi si è iniziato ad impostare bimani anche i mancini: i coach hanno accettato di sacrificarne un po’ di estro pur di guadagnare in consistenza e in solidità. Ne è nata una tipologia di giocatore relativamente nuova. I primi esempi sono stati il muscolare tedesco Carl Uwe Steeb, gran guerriero di Davis, e il geniale ma fragile Marcelino Rios, che aveva proprio nel rovescio bimane, anticipato e angolatissimo, il suo colpo migliore. Generalmente questi tennisti hanno mantenuto il classico diritto arrotato e pesante tipico dei mancini, a cui hanno però aggiunto un rovescio bimane che in genere giocano più piatto, ma con buon anticipo e penetrazione, ciò che consente spesso loro di prendere il sopravvento nello scambio su entrambe le diagonali. Gli esempi non mancano: da Fernando Verdasco a Jarko Nieminen, da Misha Zverev (molto buono anche al volo) fino al brasiliano Bellucci, mentre fra le ragazze possiamo citare Patty Schnyder e Casey Dellacqua.

Il rovescio del futuro.Ma l’evoluzione non si arresta. Ormai nel gioco attuale la potenza è alla portata di molti giocatori. Basta prendere un buon atleta, adeguatamente dotato sul piano dell’esplosività, dotarlo di due fondamentali biomeccanicamente corretti, armarlo con una delle racchette ultimo modello, ed ecco che il ragazzo sarà in grado di sparare accelerazioni vincenti. In questo contesto, si è ormai compreso che ciò che farà sempre più la differenza sarà la capacità di sorprendere l’avversario, più che di prenderlo a pallate. Il nuovo credo, l’ultimo grido dei tecnici è “conoscere le variazioni”: di ritmo, di effetto, di angolo, l’attacco in controtempo, la palla corta, la verticalizzazione improvvisa, il serve & volley sulla palla break.

Per questo motivo, il colpo più moderno che ci sia oggi sul circuito è probabilmente il rovescio dello scozzese Murray.

Andy dal lato sinistro può fare qualsiasi cosa. Può stringere il cross, può accelerare in lungolinea, può salire sopra la palla per aggredire la risposta, sfruttando la presa bimane. Ma può anche, all’occorrenza, staccare la mano sinistra e giocare rovesci in back che paiono rasoiate, o inventare mortifere palle corte. Se lo si vede giocare al volo, nessuno può intuire nella sua voleè di rovescio le scorie di un’impostazione bimane, tanto il gesto è corretto ed efficace. Insomma, Murray è in grado di coniugare in un solo colpo i vantaggi di entrambe le tecniche. Lo scozzese è probabilmente il giocatore che farà tendenza, quello che sarà maggiormente studiato dai tecnici in cerca di ispirazione, come è sempre successo nel passato agli innovatori.

Conclusioni.

Probabilmente dovremo rassegnarci: per poter dotare un giovane di un rovescio ad una mano competitivo, nel tennis attuale, occorre che l’atleta disponga di una grande forza nel polso, o non sarà mai in grado di reggere la pesantezza di palla del gioco moderno. E quindi ne vedremo sempre meno. Tuttavia, se i maestri sono bravi, non rinunciano in linea di principio al rovescio classico, come dimostra la scintillante apparizione di Grigor Dimitrov, classe ‘91. E come del resto avviene anche da noi: fra i nostri ‘92, a Tirrenia, si allena Federico Gaio, di Faenza, un giovane molto promettente dotato di un magnifico rovescio ad una mano. Quindi, state tranquilli, i gesti classici non scompariranno.

Del resto, i discorsi e le dispute di carattere estetico non avranno mai fine. De gustibus non disputandum est. Ma non si può negare che il tennis attuale sia altamente spettacolare e che i nostalgici ad oltranza hanno spesso torto. La recente finale del torneo di San Jose, tra Stepanek e Mardy Fish, ad esempio, è stata davvero molto gradevole, con grandi discese a rete, e soluzioni pregievoli, anche se a confrontarsi erano due giocatori entrambi impostati bimani.

E poi, per finire, chi lo dice che un rovescio vincente eseguito ad una mano sia necessariamente più bello di un vincente bimane? Che il rovescio di Sampras, il gomito sinistramente alto, era più bello di quello di Agassi, gesto mirabile nella sua compattezza? O ancora, chi può stabilire che De La Pena era più bello di Rios? Che Gasquet è più bello di Safin?

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