Autore: Andrea Zini - Istruttore FIT e PTR, laureato in Scienze Motorie
Il tennis appartiene alla categoria degli sports ad impegno aerobico-anaerobico alternato: l’atleta deve sopportare sollecitazioni spesso molto intense (scatti, brusche accelerazioni) e, durante le pause di gioco, peraltro molto frequenti, deve pagare l’eventuale debito di ossigeno (in parole povere, recuperare). Lo sforzo fisico richiesto varia inoltre in relazione al livello di gioco e alla superficie: un’esercitazione in fase di palleggio può essere, ad esempio, poco intensa per un principiante, perché lo scambio viene frequentemente interrotto, ma molto stressante per un top player, che a ritmi elevatissimi è in grado di mantenere la palla in gioco per più tempo. Per quanto riguarda la superficie, possiamo affermare con certezza che sulla terra battuta la durata del gioco è mediamente più elevata (quasi doppia) rispetto all’erba o al cemento, e quindi i tennisti devono essere pronti a sopportare sollecitazioni diverse in base alle variabili appena descritte. I tennisti professionisti sono costretti a gareggiare per undici mesi l’anno: i tornei infatti si susseguono con cadenza settimanale e, nonostante i top players escludano dalla loro programmazione le manifestazioni minori (possiamo affermare che la classifica del tennista determina i tornei che andranno giocati), effettuare una pianificazione dell’allenamento che preveda pause dall’attività agonistica è sicuramente molto difficile. Nasce così l’esigenza di allenarsi e gareggiare contemporaneamente: queste due fasi devono coesistere in modo tale che la prima non influenzi negativamente la seconda, e tutto ciò non è certamente facile. I programmi di allenamento oggigiorno sono ovviamente personalizzati in base alle esigenze dei tennisti, ma nonostante tutto ci sono alcune caratteristiche che li accomunano; lo sprint training , ad esempio è un tipo di lavoro che nessun atleta può ignorare, così come sta prendendo sempre più piede l’allenamento con sovraccarichi (i famosi “pesi”). I professionisti dedicano anche un’ora al giorno all’allenamento della velocità e della rapidità, alternando sprints su diverse distanze e superfici. Hewitt, ad esempio, sprinta prima sulla sabbia, poi in salita, mentre Agassi si allena cambiando l’inclinazione sul runner (tapis roulant): queste esercitazioni sono spesso combinate con esercizi che prevedono l’esecuzione di spostamenti specifici del tennis (saltelli, passi laterali, corsa avanti e indietro etc.), effettuati con o senza racchetta. L’allenamento con sovraccarichi, fino a poco tempo fa demonizzato da molti professionisti, è oggi entrato nella programmazione della maggior parte degli atleti; nonostante il tennista non debba avere masse muscolari esagerate, un utilizzo corretto dei pesi può agire sul miglioramento della forza esplosiva e veloce e far diminuire il numero degli infortuni. Chiaramente le metodiche di lavoro utilizzate non privilegiano l’ipertrofia muscolare, salvo che il tennista non sia particolarmente debole in alcuni distretti. Torneremo comunque sull’argomento nei prossimi articoli, perché l’analisi delle metodiche per lo sviluppo della forza specifiche per il tennista, merita uno spazio adeguato. La resistenza specifica è un altro caposaldo dell’allenamento del nostro atleta: questa capacità, per molto tempo allenata con la corsa prolungata a ritmo costante, viene ora migliorata tramite il fartlek e l’interval training. Anche in questo caso gli esperti si sono resi conto che le variazioni di velocità vanno allenate non solo sul campo ma anche fuori, con esercitazioni che possano riprodurre gli sforzi cui il tennista è sottoposto. Il tennista di livello inferiore non ha, rispetto al giocatore di vertice, un calendario così denso di impegni: per almeno 4 mesi all’anno infatti non sono previste competizioni, quindi ha la possibilità di programmare il lavoro fisico concentrando in questo periodo i carichi di lavoro più impegnativi. A parte questa differenza, il lavoro atletico sarà, con le debite proporzioni, molto simile a quello svolto dai professionisti, anche perché molto spesso la differenza principale tra il tennista d’elite e quello di buon livello sta nel modo in cui si colpisce la palla, e non nella condizione fisica. Oggigiorno infatti il lavoro atletico viene svolto bene anche a livelli minori , e spesso vediamo tennisti molto ben preparati fisicamente, lamentare invece carenze tecnico-tattiche o mentali.
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