venerdì 6 marzo 2009

PSICOLOGIA - PENSA POSITIVO

Da www.tennisjournal.it
Le teorie di Umberto Longoni, Psicologo dello Sport e importante collaboratore di Riccardo Piatti
Autore: Roberto Bertellino

Non sempre giocare a tennis determina una soddisfazione interiore e un appagamento. Spesso infatti le aspettative personali non trovano riscontri sul campo. La tanto agognata vittoria sfugge ai malcapitati lasciando terreno fertile ai dubbi. Cosa fare allora per evitare che ciò si ripeta con regolarità oppure per analizzare con un atteggiamento positivo la sconfitta? Un aiuto in tal senso l’ha dato il Prof. Umberto Longoni, specialista in psicologia dello sport e in particolare del tennis, agli intervenuti ad una serata organizzata nell’ultima settimana di stage della Tennis Clinic di Sansicario. Alcuni imput, in ragione del ridotto tempo a disposizione, molto utili per quanti giocano a tennis e a qualunque livello lo facciano. 
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Spesso - ha esordito Longoni - prima dei match si è attanagliati dalle tensioni. Esiste l’ansia del confronto, tipica del neofita. Essa tende a diminuire con l’acquisizione di esperienza. Ancora quella del confronto legata al timore del giudizio altrui. Per migliorare l’approccio alla partita occorre in questo caso allenarsi “a perdere la faccia”, ovvero affrontarla. Incontriamo infine l’ansia da prestazione sportiva. Se questa non supera la soglia critica è giusto che ci sia poichè è sintomo di tensione agonistica, necessaria per entrare in campo pronti a “combattere” con l’avversario. Quando invece supera i livelli di guardia per diminuirla occorre ricorrere a tecniche di rilassamento, prima fra tutte il training autogeno. Si tratta di uno stato mentale in cui si riesce, con il tempo e l’allenamento ad inserirsi. Impossibile in poco tempo insegnarvelo. Esistono però metodi affini ugualmente efficaci che si fondano sulla respirazione. Introduciamo aria dal naso, immaginandola per esempio pulita e azzurra ed espelliamola dalla bocca, concentrando  in questo caso la mente sull’eliminazione di qualcosa di fumoso, grigio. La prima rappresenta la calma, la seconda la tensione. Si può fare questo prima del match, magari incrementando il rilassamento ascoltando la musica e immaginando luoghi piacevoli>>. 
Ridurre l’ansia non è però sufficiente a risolvere il nostro problema. Occorre infatti cambiare atteggiamento per quanto concerne la valutazione della sconfitta: <<E’ lapalissiamo dirlo ma il 50% delle persone che giocano a  tennis perdono. Se ci si pone come unico obiettivo la vittoria ed essa non arriva si può cadere in un profondo stato di frustrazione. E’ per questo che accanto all’obiettivo piramidale (tutti gli sforzi si concentrano verso il successo) è necessario porsi obiettivi paralleli. Sì la vittoria, ma anche il miglioramento o il divertimento. Se lo sforzo riesce avremo fatto dei piccoli passi e continueremo a farli verso la nostra crescita come tennisti. I professionisti si esercitano molto in tal senso ed ottengono risutati apprezzabili. Un esempio fulgido è rappresentato da Renzo Furlan, giunto alla 19esima piazza mondiale senza possedere caratteristiche fisiche e tecniche eccezionali. Prima del match, dunque, si può cercare il rilassamento e pensare ad esprimere al massimo il proprio tennis>>. 
Entriamo in campo, per la verifica. Alcune operazioni mentali sono assolutamente da evitare: <<Durante la partita bisogna sforzarsi di non pensare mai in negativo...ovvero autodeterminare l’errore. Se pensiamo di fare doppio fallo molto probabilmente lo commetteremo. Quindi non bisogna mai dirsi non...esempio non sbagliare questa, non fallire il passante ecc...Infine è fondamentale prendere esempio dai professionisti e dal loro atteggiamento durante le pause di gioco. Le stesse devono essere gestite e quasi sempre riesce ad emergere al termine chi lo fa meglio, soprattutto se si considera che il tempo giocato durante un incontro è molto inferiore a quello “atteso”. In pratica significa non andare mai di fretta, sedersi ai cambi campo, effettuare le respirazioni prima presentate anche tra un punto e l’altro. Terminato il punto è buona norma passare la racchetta nella mano non tennistica. Soprattutto bisogna imparare ad accettare la normalità dell’errore, anche sulle palle facili che proprio per questo diventano a volte le più difficili. Ciò è determinato da un’ illusione ottica (si tende a non vedere più la rete e quindi a non considerarla ma in realtà esiste ancora e come se esiste) e da un’illusione emotiva (se facciamo il punto nessuno ci applaudirà poichè banale, se non lo facciamo tutti saranno pronti a criticarci). 
Supponiamo che nonostante tutto il lavoro fatto, nell’approccio alla partita e durante la stessa, l’ansia persista. Cosa fare? L’unica soluzione è giocare accettandola e gestendola, utilizzando le armi di giornata. Pian piano, senza incrementare le negatività, essa dovrebbe attenuarsi>>. 
Veniamo ai consigli per il dopo match: <<E’ auspicabile che ogni partita serva a qualcosa, indipendentemente dall’esito. La sconfitta è infatti un perfetto test diagnostico. Occorre cercarne le cause ed analizzarle, al fine di progredire sempre e ridurre gli errori. Anche la vittoria richiede analisi. Il match deve essere riletto e rivissuto. Ci sono grandi giocatori che al termine dell’incontro e per molto tempo sono in grado di ricostruirlo punto per punto>>. 
Concetti chiari, uitli e produttivi. In grado, se applicati, di far lievitare il nostro tennis al di là delle più rosee aspettative. Soprattutto, a qualsiasi livello, è basilare ricercare il confronto e non evitarlo poichè è solo attraverso esso che si può crescere e colmare le lacune. Principi applicabili anche in allenamento. Anzi sono proprio le stesse tecniche che devono essere continuamente allenate, al pari dei colpi, per non farsi trovare impreparati davanti alle avversità che quasi sempre le partite propongono. 
La parola d’ordine rimane “pensa positivo” e quando ti assalgono dubbi e incertezze, come professano gli americani...stop thinking.
 

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