martedì 10 marzo 2009

STRETCHING? MEGLIO EVITARE...

Tutti abbiamo sempre creduto che fosse buona norma fare un po’ di stretching prima di tuffarsi in qualunque attività fisica. E’ una fase preparatoria da sempre ritenuta indispensabile all’inizio e alla fine di ogni allenamento. E, invece, dall’Università del Nevada arriva il contrordine: in alcuni casi, gli esercizi di stretching non solo sono una perdita di tempo, ma possono addirittura essere dannosi. L’idea che fare stretching statico per 20/30 minuti prepari i muscoli a lavorare meglio è, dunque, sbagliata.

Nello studio condotto presso l’Università del Nevada, gli atleti che avevano fatto stretching statico hanno generato meno forza dalle loro gambe rispetto a chi non aveva fatto alcun riscaldamento. Altri studi hanno addirittura dimostrato che dopo lo stretching la forza muscolare diminuisce del 30%. Secondo gli studiosi, la spiegazione va ricondotta al fatto che c’è una risposta inibitoria neuromuscolare allo stretching. I muscoli in tensione diventano meno reattivi e si indeboliscono per circa 30 minuti dopo lo stretching.

Questo discorso vale a maggior ragione in sport come il tennis dove i muscoli lavorano prima in una fase concentrica (in allungamento) e poi in una fase eccentrica (in contrazione). Per poter ben comprendere i meccanismi d'ordine fisiologico che sono alla base dello stretching, non ci si può esimere da una chiarificazione dal concetto di "flessibilità muscolo-articolare". Per flessibilità muscolo-articolare s'intende la capacità di movimento di un muscolo e/o di un articolazione nell'ambito della loro totale estensione di movimento (full range of motion). Tuttavia, molto spesso il concetto di flessibilità viene assunto come sinonimo di elasticità, il che costituisce, da un punto di vista biomeccanico e fisiologico, un grossolano errore. Meccanicamente infatti l'elasticità è definibile come la proprietà di un corpo, che subisce una deformazione causata da una forza esterna, di riprendere, almeno parzialmente, la forma ed il volume iniziali. In ambito fisiologico quindi l'elasticità muscolo-tendinea è la capacità dell'unità muscolo-tendinea (UMT) di elongarsi nel corso della fase eccentrica del movimento (quindi possedere una sufficiente compliance) ed immediatamente dopo, grazie ad un adeguata rigidità (ossia stiffness), poter effettuare una repentina fase di contrazione concentrica, restituendo in tal modo, sotto forma di lavoro meccanico, l'energia elastica potenziale accumulata nel corso della fase eccentrica. L'elasticità muscolare è quindi il risultato di un giusto compendio tra la stiffness e la compliance del complesso muscolo tendineo, ed assume particolare importanza in tutti i movimenti che prevedano una fase eccentrica immediatamente seguita da una contrazione di tipo concentrico, ossia nel corso di un ciclo, allungamento-accorciamento (stretch-shortening cycle). Chiarito questo basilare concetto, appare ovvio come da un piano di lavoro basato sullo stretching, sia logico poter pensare di ottenere un aumento della compliance muscolare, in altre parole dell'estensibilità dell'UMT, e non della sua elasticità come molte volte si equivoca. Oltretutto è importante ricordare come non sempre un'aumento dell'estensibilità dell'UMT comporti parallelamente un aumento delle sue caratteristiche elastiche, molto spesso infatti si verifica l'esatto contrario.

Possiamo inoltre aggiungere che per quanto riguarda l’aspetto anti infortunistico dello stretching va considerato che la temperatura ideale alla quale il muscolo ottimizza le proprie caratteristiche visco-elastiche, è all'incirca di 39° C, a questa temperatura diminuisce infatti la viscosità dei tessuti, migliora l'elasticità dei tendini, si aumenta la velocità di conduzione nervosa e si modifica positivamente l'attività enzimatica, inoltre l'innalzamento della temperatura muscolare costituisce un'efficace misura preventiva nei confronti degli infortuni riducendo i rischi di stiramento o strappo muscolare. Lo stretching è largamente utilizzato nell'ambito del riscaldamento tuttavia, secondo alcuni Autori, la sua possibile efficacia nel provocare un innalzamento della temperatura del muscolo, sarebbe molto discutibile, tanto che alcuni studi dimostrerebbero addirittura un suo effetto negativo in questo senso. In effetti, occorre ricordare che, in ultima analisi, il tipo d'azione muscolare che ritroviamo nel corso dello stretching è praticamente sovrapponibile a ciò che avviene in una contrazione eccentrica. Dal momento che nel corso di una contrazione di tipo eccentrico, la vascolarizzazione muscolare viene interrotta ed il lavoro svolto diviene in tal modo di tipo anaerobico, determinando un aumento dell'acidosi, oltre ad una marcata anossia cellulare, è facilmente comprensibile come lo stretching non possa essere considerato come il mezzo d'elezione nell'ambito del riscaldamento. Utilizzare lo stretching come mezzo esclusivo sul quale basare il riscaldamento pre-gara e/o pre-allenamento, sembrerebbe quindi sicuramente insufficiente e scorretto. Tuttavia, integrare razionalmente lo stretching in uno schema di riscaldamento basato soprattutto su altri tipi d'esercitazione, maggiormente efficaci nel far aumentare la temperatura interna del muscolo, come un'idonea alternanza di contrazioni e rilassamenti, è sicuramente la scelta più corretta.

Ma allora dovremmo iniziare i nostri allenamenti senza alcuna preparazione? Secondo gli studiosi, un buon riscaldamento deve porsi due obiettivi: sciogliere i muscoli e i tendini per aumentare la capacità di movimento delle articolazioni e riscaldare letteralmente il corpo. Quando siamo a riposo, arriva meno sangue ai muscoli e ai tendini e, quindi, si irrigidiscono. Ecco perchè è importante iniziare un buon riscaldamento proprio aumentando il calore del corpo e il flusso sanguigno. I muscoli caldi e i vasi sanguigni dilatati pompano sangue dal flusso sanguigno in modo più efficiente e usano l’energia muscolare più efficacemente. Per aumentare la temperatura del corpo, un riscaldamento dovrebbe iniziare con un'attività aerobica, per esempio una corsa leggera. Una nozione ben nota agli atleti professionisti. Ma molto atleti eseguono questa parte del loro allenamento troppo intensamente o troppo presto. In sostanza si può a ragione ritenere che il riscaldamento previene gli infortuni molto più dello stretching. Una differenza fondamentale è che se il riscaldamento è fatto male non causa danni, al più è inutile, mentre lo stretching se fatto male può essere fonte di problemi. Ma come fare un buon riscaldamento? Il riscaldamento è solitamente suddiviso in due fasi: la corsa blanda (quello che è detto comunemente riscaldamento) e gli allunghi. Entrambe hanno una funzione fisiologicamente importante e devono essere un rito irrinunciabile prima di ogni allenamento (anche del fondo lento) e di ogni gara.

La corsa blanda – Ha lo scopo di attivare i meccanismi energetici e di iniziare la predisposizione allo sforzo dell'apparato locomotore. Non esiste un ritmo ottimale: ognuno deve eseguirla in pieno comfort. Importante è invece la durata: non deve essere inferiore ai 12', ma è consigliabile arrivare anche a 20'. Anche la durata è soggettiva, ma il limite inferiore di 12' è desunto dallo studio della curva di distribuzione dei dati individuali.

Gli allunghi – In realtà sono il vero e proprio riscaldamento, il riscaldamento articolare sostitutivo dello stretching. Per ottenere un buon risultato è sufficiente impegnarsi per 3/4 minuti in allunghi sul campo da tennis con un impegno sempre progressivo, un buon recupero ed un costante controllo dello sforzo perché non si deve mai rischiare di creare un affaticamento che possa incidere negativamente sulla performance successiva.

A questo punto possiamo ritornare sull’argomento stretching.

Fermo restando che molti punti, sia di ordine meccanico, che metabolico e neurogeno, che costituiscono il razionale scientifico dello stretching meriterebbero ulteriori approfondimenti scientifici, alla luce delle attuali conoscenze è possibile sottolineare i seguenti punti:

- Lo stretching non è il miglior mezzo sul quale basare la fase di riscaldamento pre-gara e/o pre-allenamento; questo non significa assolutamente che non possa trovare di diritto una collocazione in quest'ambito, ma che al contrario debba essere integrato in un piano di riscaldamento basato essenzialmente su esercitazioni di tipo dinamico, che si rivelano senz'altro più adatte ad ottenere un'idoneo innalzamento della temperatura muscolare sino al raggiungimento dei suoi livelli ideali.

- La quantità e l'intensità dello stretching proposto durante la fase di riscaldamento pre-gara, deve essere accuratamente gestita e dosata, al fine di non incorrere in un possibile scadimento della prestazione. Inoltre la durata dell'allungamento dovrebbe essere limitata ad un massimo di 5'' al fine di ottenere un'elongazione muscolare massimale e non incorrere in un fenomeno di contrazione riflessa del muscolo sottoposto ad allungamento.

- Non è razionale pensare che sia sufficiente una pratica, anche se assidua e costante, dello stretching per poter prevenire in forma sistematica gli incidenti di natura muscolare. Altresì, non è giustificato poter pensare ad una completa inutilità dello stretching in questo campo. La scelta più obiettiva e corretta sembrerebbe essere il considerare lo stretching come uno dei molteplici mezzi di prevenzione da adottare nell'ambito di una strategia preventiva di tipo integrato e sinergico.

Nessun commento: